La COVID-19 può compromettere la prestazione sessuale maschile

Volta: 16/Oct Di: kenglenn 637 Visualizzazioni

Inizialmente Ramasamy e i suoi colleghi della clinica di urologia dell’ospedale dell’Università di Miami pensarono che il crescente numero di segnalazioni di disfunzione erettile fosse da ricondurre a un fattore psicologico, in conseguenza dello stress da pandemia. Ma molti pazienti affermavano di non sentirsi in stato di ansia né depressi, e per alcuni il problema è durato per sei mesi e oltre. Il team allora cominciò a sospettare di un’altra possibile causa: il virus SARS-CoV-2, responsabile della COVID-19.

In Italia si sta valutando di avviare uno studio in cui arruolare uomini con una relazione stabile in cui la disfunzione erettile è comparsa contemporaneamente alla diagnosi di sindrome post Covid, secondo quando ha annunciato Nicola Mondaini, professore associato di Urologia all'Università Magna Grecia di Catanzaro.

La COVID-19 può danneggiare i polmoni, ma si tratta comunque di una malattia sistemica che può interessare anche cuore, reni, cervello e altri organi, e tali effetti possono permanere anche per molto tempo dopo la guarigione. Molte persone vivono una condizione di limbo chiamata long COVID (o sindrome post-COVID), che gli esperti ritengono rappresenti il prossimo disastro sanitario. Secondo un articolo pubblicato ad agosto sulla rivista New England Journal of Medicine, dal 10 al 30% delle persone che hanno contratto il virus — almeno 42 milioni negli Stati Uniti e 229 milioni in tutto il mondo — manifesta un prolungarsi di sintomi debilitanti che possono causare “disabilità significative”.

Considerati i disturbi lamentati, sempre più dati suggeriscono che la COVID-19 potrebbe sabotare la salute sessuale maschile. “Abbiamo rilevato che uomini che precedentemente non soffrivano di questi problemi hanno sviluppato forme piuttosto gravi di disfunzione erettile, dopo l’infezione da COVID-19” afferma Ramasamy.

La probabilità di sviluppare disfunzione erettile a breve e lungo termine può aumentare di sei volte dopo aver contratto il virus, secondo una ricerca pubblicata a marzo. Altri studi hanno documentato una serie di problematiche di salute post-infezione che impattano sul sesso, che si possono presentare singolarmente o in modo combinato: incapacità di raggiungere o mantenere l’erezione, danni ai testicoli, dolore o gonfiore testicolare, incapacità di raggiungere l’orgasmo, bassi livelli di testosterone e disturbi che riguardano la salute mentale.

Il mondo scientifico si pone in forte contrasto con la disinformazione che si sta diffondendo online contro i vaccini (incluso un ormai tristemente famoso tweet della rapper Nicki Minaj) che sostiene che i vaccini anti COVID-19 causerebbero gonfiore ai testicoli e impotenza. Ad oggi, non ci sono studi che supportino tali tesi.

“È importante che passi un messaggio chiaro: la vaccinazione contro la COVID non causa problemi di funzione erettile” afferma Ramasamy. “Il virus può avere rilevanti effetti avversi a lungo termine, invece il vaccino è sicuro”.

Rintracciare il virus nei tessuti

Gli uomini maggiormente a rischio di forme gravi di COVID-19, ovvero i soggetti anziani, ipertesi, obesi, diabetici e cardiopatici, sono anche maggiormente a rischio in termini di disfunzione sessuale. Tali condizioni influiscono, tra gli altri, su ormoni, muscoli e vasi sanguigni. Tuttavia anche uomini giovani hanno riportato disturbi che riguardano la salute sessuale. Rispetto all’individuazione degli effetti tardivi a breve termine e cronici di questo nuovo virus “siamo ancora in una fase di osservazione e monitoraggio” afferma Ryan Berglund, urologo presso la Cleveland Clinic in Ohio, e questo comprende anche gli effetti che riguardano la salute sessuale e riproduttiva maschile.

La COVID-19 può compromettere la prestazione sessuale maschile

Per scoprire se il virus effettivamente invade anche gli organi riproduttivi maschili, Ramasamy e il suo team hanno eseguito degli esami bioptici su sei uomini di età compresa tra 20 e 87 anni deceduti a causa della COVID-19. Esaminando questi campioni di tessuto sotto la lente del microscopio elettronico hanno scoperto delle particelle di virus annidate nei testicoli di un individuo. Metà dei soggetti presentava anche una scarsa qualità dello sperma, aspetto che supporta i dati di altri brevi studi post mortem che sollevano interrogativi sull’impatto della malattia sulla fertilità.

Dato che il virus era nei testicoli, Ramasamy si chiese se potesse essere presente anche nel pene. Il team ha approfondito gli esami studiando due uomini che sono diventati impotenti dopo aver avuto il virus. Uno di loro aveva avuto la malattia in forma lieve, l’altro era stato ospedalizzato. Convinti che non avrebbero mai più avuto un’erezione naturale, entrambi si erano rivolti alla clinica per vedere se potevano sottoporsi a intervento per l’impianto di una protesi peniena.

Il virus in effetti era presente nel tessuto del pene, il che è stato un rilevamento scioccante, afferma Ramasamy, data la tempistica: erano passati ben otto mesi dal primo manifestarsi dell’infezione. I medici hanno rilevato inoltre un danneggiamento del rivestimento dei piccoli vasi sanguigni dell’organo.

Sangue e ossa

Una nota conseguenza del coronavirus, ovvero il danneggiamento delle cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni, è il colpevole più probabile delle scarse prestazioni sessuali. Mentre alcuni mammiferi hanno un osso all’interno del proprio pene, l’uomo per l’erezione può affidarsi solo al flusso sanguigno. Le arterie devono aprirsi e le vene contrarsi, quasi come in un sistema di chiuse. Se compromessi o ristretti, i vasi sanguigni non consentono ai corpi cavernosi di riempirsi di sangue o di trattenere quel sangue per mantenere l’erezione.

Se il sangue non è sufficiente, alle cellule manca l’ossigeno necessario, i tessuti si infiammano e i vasi perdono elasticità, afferma Emmanuele A. Jannini, professore di endocrinologia e sessuologia medica all’Università Tor Vergata di Roma. “Se non c’è ossigeno, non c’è rapporto sessuale” afferma.

Jannini aggiunge che la COVID-19 sembra anche abbassare i livelli di un enzima, la ossido nitrico sintasi endoteliale, che aiuta la dilatazione dei vasi sanguigni e l’inturgidimento del pene. Per i soggetti che presentano manifestazioni a lungo termine, i danni causati dalla patologia a polmoni e cuore possono peggiorare il problema, alterando la circolazione del sangue e i livelli di ossigeno nel sangue e nei tessuti.

Nei primi tempi della pandemia il team di Jannini lanciò un sondaggio online che ha raccolto informazioni sugli uomini italiani sessualmente attivi che non hanno avuto il virus. È stato questo lo studio che ha rivelato il rischio di disfunzione erettile di sei volte maggiore, dopo l’infezione da COVID-19. La durata dei sintomi ancora non ci è nota, afferma Jannini.

“Essendo il pene uno degli organi più vascolarizzati del corpo, non ci ha sorpreso che la disfunzione erettile fosse più comune negli uomini che presentano la sindrome post-COVID” afferma Ramasamy.

Inoltre a luglio il Patient-Led Research Collaborative, un gruppo autogestito di ricercatori affetti da long COVID, ha pubblicato il set di informazioni più completo tra quelle disponibili ad oggi. Hanno documentato 203 sintomi in 10 apparati, raccogliendo i dati da un sondaggio online di circa 6.500 persone di tutto il mondo. I risultati includono problemi di carattere sessuale.

Circa il 18% degli uomini ha riportato disfunzione sessuale, un 13% circa ha avuto dolore ai testicoli, l’8% ha rilevato altri disturbi legati agli organi sessuali e circa il 4% degli uomini ha subito una riduzione nelle dimensioni del pene o dei testicoli.

Un nascondiglio virale

I testicoli sono un nascondiglio perfetto per i virus. Così come gli occhi e il sistema nervoso centrale, sono anch’essi siti privilegiati dal punto di vista immunologico. In questi “luoghi”, i virus come Ebola, parotite e Zika possono rimanere nei tessuti, eludendo il sistema immunitario anche dopo che l’invasore è stato scacciato da altre parti dell’organismo.

Uno studio ha ipotizzato che i testicoli potrebbero dunque fungere da serbatoio per il virus che causa la COVID-19. Questo potrebbe spiegare perché l’11% degli uomini con la COVID-19 ospedalizzati soffrivano di dolore testicolare. L’infezione delle cellule di Leydig dell’organo, che producono il testosterone, potrebbe anche spiegare i bassi livelli di questo ormone sessuale maschile nei pazienti con long COVID. Anche da solo, questo aspetto può provocare un calo della libido e del desiderio. Jannini evidenzia un altro circolo vizioso: la produzione di testosterone diminuisce, quando gli uomini non fanno sesso.

Berglund afferma che nell’intimità anche lo stato d’animo gioca un ruolo importante “che dipende in parte dal nostro stato psicologico”. La pandemia ha avuto un impatto pesante in generale sulla salute mentale degli affetti da long COVID. Molti soffrono di disturbo da stress post-traumatico, ansia o depressione. Gli effetti psicologici della COVID-19 sulla salute sessuale saranno i più difficili da eliminare, continua Berglund.

L’urologo aggiunge che il solo fatto di essere malati può uccidere il desiderio. “Quando si fa fatica a respirare o si ha una malattia cronica, è probabile che si sia meno interessati al sesso” afferma. A peggiorare le cose poi magari interviene l’affaticamento, uno dei sintomi più comuni, e la perdita dell’olfatto, che ostacola ulteriormente l’eccitazione, innescata spesso proprio dagli odori.

Il sesso e i vaccini

È necessario condurre ulteriori studi per comprendere come effettivamente il virus influenzi la salute riproduttiva maschile. I ricercatori sono all’opera per svelare i meccanismi di quella che è ancora una malattia relativamente nuova. Il team di Ramasamy sta studiando come fa questo virus a eludere il sistema immunitario e a depositarsi nelle cellule, tra cui quelle di testicoli e pene. “Entra in uno stato dormiente? E se sì, può poi riattivarsi?” si domanda lo studioso “Continua a causare danno? Oppure il suo attacco è unico?”

Il Congresso ha offerto 1,15 miliardi di dollari (quasi 980 milioni di euro) agli Istituti Nazionali di Sanità statunitensi (National Institutes of Health) per il loro programma RECOVER, che studierà l’insieme di sintomi di long COVID-19 nei prossimi quattro anni. Molti sperano che questo programma fornirà risposte di cui ora si ha molto bisogno, nonché trattamenti per chi ancora non ha sconfitto la malattia.

E nonostante la disinformazione che dilaga sui social media, la ricerca continua a negare che i vaccini abbiano conseguenze sulla fertilità. Uno studio pubblicato a giugno, ad esempio, riportava che non ci sono collegamenti tra i vaccini a mRNA e una ridotta conta spermatica.

“La possibile relazione tra COVID-19 e disfunzione erettile è una delle tante ragioni per cui coloro che ancora non si sono vaccinati dovrebbero decidersi a farlo” conclude Jannini “se vogliono continuare ad avere rapporti sessuali, è meglio che si vaccinino”.