È il sogno di ogni fan di Star Trek. Piazzarsi alle spalle di Sulu, di Data o del giovane Wesley Crusher, e intimargli di fare rotta per la seconda stella a destra a curvatura massima. Dando fondo fino all'ultimo briciolo di antimateria rimasto nei serbatoi della nave stellare dotata di motore warp più famosa della storia: la USS Enterprise. La bella notizia per gli appassionati di tecnologia è che gli scienziati hanno trovato una scappatoia alla Relatività Speciale, quella teoria di Albert Einstein che esclude la possibilità di viaggiare là dove nessuno è mai giunto prima più veloci della luce.
Piegando e manipolando il tessuto dello spazio-tempo, spiegano i fisici Richard Obousy e Gerald Cleaver della Baylor University, si potrebbe creare una sorta di bolla che la nave spaziale potrebbe cavalcare restando apparentemente ferma rispetto al resto dell'Universo (il cosiddetto sistema di riferimento), mentre a muoversi ad oltre 300mila chilometri al secondo sarebbe la bolla. Niente ammortizzatori inerziali a schermare i passeggeri da accelerazioni impossibili da sostenere per il corpo umano, tutto resterebbe apparentemente immobile mentre la nave viaggerebbe in realtà a velocità siderali.
L'idea del motore warp era stata formalizzata scientificamente già nel 1994 dal fisico messicano Miguel Alcubierre, che oggi lavora al Max Planck Institute di Potsdam (Germania). Secondo la teoria di Alcubierre, lo spazio dovrebbe essere curvato (to warp in inglese) a formare un'onda che un veicolo spaziale potrebbe “surfare” in modo del tutto analogo a quanto descritto dai due scienziati dell'università texana: “Non c'è nulla che impedisca teoricamente la creazione di un motore warp” ribadiscono questi ultimi.
Il problema dell'idea di Alcubierre come di quella di Cleaver e Obousy, è la quantità di energia necessaria per riuscire nell'impresa di distorcere lo spazio. Una quantità enorme, almeno per le attuali capacità del genere umano, stimata dai calcoli presentati nell'articolo intitolato Putting the Warp into Warp Drive in non meno di 10^45 joule per una nave di mille metri cubi di volume: “Grosso modo l'equivalente massa-energia contenuta nel pianeta Giove – spiegano – ottenuto attraverso la famosa relazione E=mc2”.
Non che sia un ostacolo insormontabile: i calcoli precedenti erano molto più pessimisti, e addirittura ipotizzavano non ci fosse energia sufficiente nell'intero universo per mettere in moto la Curvatura. Questo nuovo studio, sebbene ancora “altamente teorico”, offre invece “uno scorcio di come si potrebbe risolvere il problema delle vaste distanze legate al viaggio interstellare, ed apre nuove eccitanti strade per la ricerca futura”. Tutto grazie alla recente formulazione della M-Theory, che riunisce le precedenti elaborazioni delle diverse teorie sulle stringhe, e che introduce il concetto di 11sima dimensione sfruttato dai due studiosi per generare l'energia necessaria al salto. Come questo possa farsi, comunque, Cleaver e Obousy ancora non lo sanno.
Inutile, dunque, sognare di “gingillarsi nell'iperspazio” in questa vita. La NASA, sul suo sito, spiega bene che ci sono non pochi problemucci da affrontare prima di fare rotta verso l'ignoto, non ultimi i paradossi spazio-temporali legati a spostamenti che superano la velocità dei fotoni. Certo, se domani gli alieni decidessero di faxare le istruzioni di montaggio di un generatore a materia oscura, con turbo a neutrini, tutto si farebbe più semplice. Un po' come all'Ikea.
Luca Annunziata