Dopo 41 anni, la sua palestra di judo in Viale della Resistenza a Scampia rischia di chiudere. Da tre anni, si è scatenato un improvviso ostacolo burocratico che può cancellare una delle più famose e concrete realtà di recupero sociale nel difficile quartiere napoletano, diventato fin troppo noto per la fiction «Gomorra». Il maestro Gianni Maddaloni non perde la sua proverbiale tenacia, né si nasconde dietro le parole per raccontare cosa sta succedendo sulla sua «Star Judo Club».
Gianni Maddaloni, invece di ricevere sostegni economici, vi sono arrivate richieste di denaro? «Già, non abbiamo mai avuto un contratto di locazione per l'attuale sede della palestra. Mai ci è stato proposto di firmarne uno, mettendoci in condizione di valutarne la convenienza. Invece, tre anni fa ci sono cominciate ad arrivare richieste di pagamento di un canone mensile da 1800 euro. In aggiunta, ci sono state notificate pretese di arretrati per un totale di 270mila euro».
Da chi sono arrivate le richieste? «Dal Comune, che sta risistemando la situazione patrimoniale nella sua condizione di pre-dissesto. Naturalmente, non sto pagando perché non sono in condizione di farlo, né i canoni mensili, né gli arretrati pretesi. L'ultima volta, il sindaco De Magistris mi disse che avrebbe sistemato la questione, ma finora nulla è successo e le richieste di denaro continuano ad arrivarmi».
Chi sta aiutando la sua palestra, in questo periodo? «Paolo Scudieri di Eccellenze campane, che ci consente di pagare le bollette di luce, acqua e gas. In passato ci hanno dato una mano Amedeo Manzo della Bcc, i Lions e i Rotary. Due anni fa, avemmo un contributo dalla Regione deciso in prima persona del presidente De Luca. Fino al 2012, ci dava una mano il Comune che, con i sindaci Marone e Iervolino, ci concesse la sede della palestra. Ora, invece, da palazzo San Giacomo ci chiedono pagamenti».
La sua, come quella del maestro Zurlo a Torre Annunziata, è attività sportiva di rilevanza sociale in una realtà difficile. Anche voi, come la palestra di Zurlo, non ricevete aiuti istituzionali? «Esatto, è proprio così. Da sempre metto passione e impegno in questa palestra. Su 600 che la frequentano, solo 120 pagano una retta non certo onerosa. Accolgo figli di detenuti, ragazzi tolti dalla strada. Preparo anche atleti che fanno attività agonistica, sull'esempio di quello che ha fatto mio figlio Pino che fu medaglia d'oro alle Olimpiadi di Sidney nel 2000».
La palestra è diventata un riferimento a Scampia? «Credo che la migliore spia siano le parole della gente di Scampia. Mi conoscono e salutano tutti. Non ho pregiudizi, ma solo l'obiettivo di salvare dalla strada chi nello sport trova regole, insegnamenti di vita, valori nel rispetto per gli altri. Ogni venerdì, distribuiamo con la Caritas anche 200 pasti a chi ne ha bisogno».
Vero che avete detenuti in programmi di recupero legalità su indicazione dei giudici di sorveglianza? «Sì. Dal 2012, ho accolto 569 detenuti dagli istituti penitenziari di Ariano, Carinola e Poggioreale. Attualmente, ne abbiamo 14, divisi in due orari della giornata, impegnati in attività di pulizia interna e esterna oltre a lavoro di custodi. È il percorso Maddaloni, che è attività di recupero per ragazzi finiti in strade sbagliate».
Ha mai pensato di aver fallito su qualcuno dei ragazzi passati nella sua palestra? «Sì, dieci anni fa si allenava un ragazzo che ha vinto due titoli italiani. Era una vera promessa, a telefono mi informarono che era stato fermato per aver commesso una rapina. Mi caddero le braccia. Lo condizionò un giro di amicizie sbagliate».
Quanti atleti che fanno attività agonistica si allenano nella sua palestra? «Una cinquantina. Spero di riuscire a portare alla qualificazione per le Olimpiadi di Parigi nel 2024 qualcuno di loro. Nutro speranze su Luigi Brusetti, Mario Petrosino, Martina Esposito e il mio diciottenne figlio acquisito Brayan, ora impegnato ai campionati europei a Udine. Nei prossimi giorni, accompagnerò in Lettonia anche la mia figlia sedicenne che parteciperà ai campionati europei cadetti».
La tradizione familiare di suo figlio Pino continua? «Sì, i miei figli cercano di fare da esempio in palestra, con l'impegno e il sacrificio negli allenamenti. Questo luogo allontana da certe lusinghe della strada, così presenti a Scampia. Se ne accorse subito, quando venne a conoscermi, l'ex procuratore capo Giandomenico Lepore che mi mise in contatto con dei privati che ci sostennero economicamente. Uno continua a farlo ed è Paolo Scudieri».
Che appello vuole fare? «Lo sport è educazione alla legalità. Le palestre tolgono dalla strada delinquenti. Io, che a Scampia sono nato e vivo, mi sento legato a questi ragazzi e, nella chiusura della palestra a giugno, tenni una ventina di loro in un campus di allenamenti. Credo nell'impegno dei fatti, non nelle chiacchiere a vuoto».